Valerio Bellone - Photography

Life of Theravada monks and nuns

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Year – 2011-w.i.p.

Location – Thailand, Laos, Cambodia

Story

I believe there is no doubt that in recent decades, the figure of the Buddhist monk has represented the embodiment of wisdom and inner peace in the collective imagination of Westerners. In reality, as in any other culture and religion, the spiritual path is cultivated by ordinary people who, as such, are certainly not perfect. Some do it with vocation and dedication, while others for their social and/or economic convenience.

In Southeast Asia, the Buddhist temple is not only a place to embark on the spiritual path but also a space that serves as a social container. The temple is a meeting place for the community, a basic educational center for the poorest, and a home to “take refuge” in when one has lost their way or is in economic hardship. From this perspective, the Buddhist temple is like a safe place, where one can find a guaranteed meal and protection from the dangers of what should be foreign to the temple itself, including vices and material temptations.

Many monks, including young ones, do not undertake the monastic path out of vocation but as a temporary passage toward a better time. Some of them, during this period, find spiritual inspiration and remain monks for life, while others, after a certain period, return to civilian life. Furthermore, in the recent past, almost all young people in Thailand, Laos, and Cambodia were required to undergo an apprenticeship at the temple, during which they had to wear monastic robes and embrace the life of a monk. Although this obligation has almost entirely disappeared today, many families still send young people to the temple for a formative period, especially in the poorer areas of Laos. Nonetheless, the temple and Buddhist religion remain a strong social glue in Southeast Asia.

When I first started visiting Southeast Asia in 2006, one of the first things that fascinated me was Buddhism. And it is no coincidence that 18 years after my first trip to Thailand, today (2024), I also teach Buddhist and Taoist meditation. My journey with photography opened the path to spirituality and led me to teaching internal practices such as Tai Chi and Qi Gong in Palermo. At the same time, practices such as meditation, Tai Chi, and Qi Gong brought me back to photography, after an 8-year break, with greater awareness and total serenity about my path through narration and image. Therefore, I could not help but dedicate a photographic collection—started in 2011 and still ongoing—to Theravāda Buddhism and its interpreters: monks and nuns.

Theravāda Buddhism

The Buddhism of Thailand, Laos, and Cambodia is predominantly Theravāda, which means “school of the elders.” This is also the predominant form of Buddhism in the rest of South and Southeast Asia, especially in Sri Lanka and Myanmar. Additionally, there are Theravāda minorities in Bangladesh, India, China, and Vietnam. This Buddhist school is the oldest existing one, originating from the Vibhajyavāda doctrine (“doctrine of analysis”) in the 3rd century BCE, derived from the Sthaviravāda school or “school of the elders.” The earliest evidence places its initial center in Pāṭaliputta, in present-day Patna, from where it spread to other parts of India and finally to Sri Lanka, where the Mahāvihāra monastery in Anurādhapura became crucial for its orthodoxy. Followers can be called either sthaviravāda or theravāda, as both words mean “old, authoritative.” This school believes that its doctrine faithfully reflects the teachings of Buddha Shakyamuni and generally rejects the Mahayana sutras, instead using the Pāli Canon compiled during the third council under the reign of Ashoka, an Indian ruler of the 3rd century BCE.

Racconto

Credo che ci siano pochi dubbi sul fatto che negli ultimi decenni la figura del monaco buddhista ha rappresentato nell’immaginario collettivo degli occidentali l’incarnazione della saggezza e della pace interiore. In realtà, come in ogni altra cultura e religione, la via spirituale è coltivata da persone normali che, come tali, non sono certo perfette. Talune lo fanno con vocazione e dedizione e altre per le proprie convenienze sociali e/o economiche.

Nel Sud-est asiatico il tempio buddhista non rappresenta solo una luogo nel quale intraprendere la Via spirituale, questo è infatti uno spazio che funge da contenitore sociale. Il tempio è un luogo di ritrovo per la comunità, un centro di formazione scolastica di base per le persone più povere e una casa nella quale “rifugiarsi” quando si è smarrita la Via o si è in condizioni economiche precarie. Da questo punto di vista il tempio buddhista è come un luogo sicuro, nel quale trovare un pasto garantito e che protegge dai pericoli di ciò che dovrebbe essere estraneo al tempio stesso, compresi i vizi e le tentazioni materiali.

Molti monaci, anche giovani, non intraprendono la via monacale per vocazione, ma come passaggio momentaneo verso un tempo migliore. Alcuni di loro, durante questo periodo, trovano l’ispirazione spirituale e rimangono monaci per la vita, mentre altri, dopo un certo periodo, indossano nuovamente gli abiti civili. Inoltre, nel recente passato, quasi tutti i giovani di Thailandia, Laos e Cambogia erano obbligati a fare un periodo di apprendistato al tempio nel quale dovevano indossare le vesti monacali abbracciando così la vita del monaco. Sebbene questo obbligo oggi sia quasi del tutto scomparso, sono ancora molte le famiglie che mandano i giovani al tempio per trascorrervi un periodo formativo, soprattutto nelle zone più povere del Laos. A ogni modo ancora oggi il tempio e la religione buddhista sono un forte collante sociale del Sud-est asiatico.

Quando iniziai a frequentare il Sud-est asiatico nel 2006 una delle prime cose che mi affascinò fu proprio il buddhismo. E non è un caso se a distanza di 18 anni dal mio primo viaggio in Thailandia oggi (2024) insegno anche meditazione buddhista e daoista. Il mio percorso con la fotografia mi ha aperto la strada verso la spiritualità e mi ha portato su una strada che mi ha fatto giungere all’insegnamento a Palermo di pratiche interne come il Taichi e il Qi Gong. Al contempo le pratiche quali meditazione, taichi e qi gong mi hanno fatto tornare sulla fotografia, dopo una pausa di 8 anni, con maggiore consapevolezza e totale serenità su quello che è il mio percorso attraverso la narrazione e l’immagine. Non potevo quindi non dedicare una raccolta fotografica – iniziata nel 2011 e ancora in corso – al buddhismo Theravāda e ai suoi interpreti: i monaci e le monache.

Buddhismo Theravāda

Il buddhismo della Thailandia, del Laos e della Cambogia è prevalentemente quello Theravāda, che significa “scuola degli anziani”. Trattasi della forma predominante di buddhismo anche nel resto del Sud e Sud-est asiatico, specialmente in Sri Lanka e Birmania. Esistono inoltre minoranze Theravāda in Bangladesh, India, Cina e Vietnam. Questa scuola buddhista è la più antica esistente, originata dalla dottrina Vibhajyavāda (“dottrina dell’analisi”) nel III secolo a.C., derivata dalla scuola Sthaviravāda o “scuola degli anziani.” Le prime testimonianze situano il suo centro iniziale a Pāṭaliputta, nell’attuale Patna, da dove si diffuse in altre parti dell’India e, infine, nello Sri Lanka, dove il monastero Mahāvihāra di Anurādhapura divenne fondamentale per la sua ortodossia.
I seguaci possono essere chiamati sia sthaviravāda sia theravāda, poiché entrambe le parole significano “vecchio, autorevole.” Questa scuola ritiene che la sua dottrina rispecchi fedelmente gli insegnamenti del Buddha Shakyamuni e generalmente rifiuta i sutra Mahayana, utilizzando invece il canone Pāli compilato durante il terzo concilio sotto il regno di Ashoka, sovrano indiano del III secolo a.C.

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